Abstract
Abbiamo rivisitato la ben nota relazione inversa tra A1C e ipoglicemia utilizzando i dati della fase 1 dello studio clinico Diamond che ha confrontato la cura abituale con il monitoraggio continuo del glucosio (CGM) in tempo reale in soggetti con diabete di tipo 1 che utilizzano MDI e con livelli di A1C da 7,5% a 9,9%. Sono stati analizzati i dati di 157 soggetti (104 e 53 nei gruppi CGM e di controllo, rispettivamente). Le percentuali di valori di glucosio del sensore (SG) ≤70 mg/dL (≤3.9 mmol/L) (“%≤70”) e di quelli che indicano ipoglicemia clinicamente significativa (≤54 mg/dL ) (“%≤54”) durante le settimane iniziali e finali dello studio di 24 settimane sono state calcolate per ogni soggetto e confrontate con i corrispondenti valori A1C al basale e a 24 settimane. Al basale, la percentuale ≤70 era simile per i due gruppi (p=0,24), così come la percentuale ≤54 (p=0,10). C’era una tendenza verso una maggiore ipoglicemia per i soggetti vicini al valore minimo consentito di A1C del 7,5% (Figura A). A 24 settimane (Figura B), c’erano differenze significative tra i gruppi a favore del CGM in entrambe le soglie, e l’associazione tra A1C decrescente e aumento dell’esposizione a valori di SG ≤54 mg/dL era attenuata. I soggetti nel gruppo CGM avevano una media di ∼16 minuti al giorno con SG ≤54 mg/dL. Questi dati suggeriscono che i pazienti con accesso agli avvisi e agli allarmi CGM adottano misure appropriate e tempestive per eliminare quasi del tutto l’esposizione a ipoglicemie clinicamente significative. Il CGM permette un’intensificazione sicura della terapia MDI e il raggiungimento di livelli di A1C quasi normali.